La Sindrome da Overtraining

OVERTRAINING“l’inabilità a sostenere un esercizio intenso…”

A qualsiasi livello, l’obiettivo dell’allenamento è quello di creare degli stimoli al proprio corpo tali da poter migliorare la prestazione. Gli allenamenti a seconda della fase della stagione possono essere d’intensità, volume e durata differenti.

Questo, per la maggior parte degli appassionati che non sono atleti professionisti, si va a sommare ad impegni, stress, lavoro, famiglia, ecc ed altri problemi della vita quotidiana. Ecco quindi, che se allenamenti, alimentazione e recupero non sono pianificati in modo corretto, dal normale stato di affaticamento fisiologico legato all’attività muscolare stessa (definito con un termine Inglese overreaching funzionale) si possa passare all’overreaching non funzionale e quindi alla vera e propria sindrome da maladattamento qual è il sovrallenamento o, sempre utilizzando un temine Inglese, l’overtraining.

L’Overtraining è in verità qualcosa di più di un normale sovrallenamento dal qualche con qualche giorno o settimana di recupero ci si può riprendere, l’overtraining infatti è legato ad un prolungato eccesso di allenamento con insufficiente recupero e conseguente calo della performance, dal quale per recuperare possono servire fino ad alcuni mesi.

Inoltre in questo caso per recupero s’intende proprio l’astensione dagli allenamenti e non solo la riduzione dell’intensità degli stessi (detto anche “scarico”). La definizione ed i criteri diagnostici della Sindrome da Overtraining sono stati indicati da un lavoro scientifico molto importante fatto congiuntamente da due delle più importanti Società Scientifiche Internazionali nella medicina e nutrizione dello sport, l’European College Sports Medicine (ACSM) ed European College Sports Science (ECSS).

Gli atleti ed in generale chi pratica sport con obiettivi più o meno importanti, dovrebbe cercare sempre di far seguire periodi di allenamenti intensi da periodi di recupero cercando quindi di dare al nostro corpo la possibilità di “Supercompensare” e quindi di migliorare le prestazioni mantenendosi, cosa ovviamente non meno importante ma forse spesso sottovalutata, in buona salute.

Se la programmazione allenamenti – recuperi e/o l’alimentazione non vanno in sinergia ecco che dal normale affaticamento si può passare ad un affaticamento cronico fino ad arrivare appunto alla Sindrome da Overtraining.

Questa è definita come “Sindrome” in quanto ha un origine ed un coinvolgimento multifattoriale, riguarda ovviamente il muscolo schelettrico ma anche il corretto ritmo ormonale, la sfera psicologica, l’umore, ecc.. Sintetizzando e semplificando la diagnosi di Overtraining secondo le due Società Scientifiche ECSS ed ACSM si basa su un principio di esclusione. Si può parlare di sovrallenamento se vi è: 1. Decremento della performance 2. Inefficacia del recupero e persistenza anche dopo lungo periodo di riposo del senso di “fatica” 3. Disturbi del sonno 4. Esclusine di altre cause (patologie, infezioni) Altri indicatori importanti da non sottovalutare solo l’assenza del ciclo mestruale nella donna ed il calo di desiderio sessuale in entrambi i sessi. Da quanto sopra esposto si può dedurre l’importanza di uno staff di specialisti che devono essere in grado di fare tale diagnosi e di intervenire precocemente. Non solo quindi l’allenatore ma soprattutto il Medico Sportivo, il Nutrizionista, lo psicologo e, specialista assolutamente importante, l’endocrinologo. Questo perché, come già detto, l’overtraining è una Sindrome e come tale va affrontata.

La complessità di questa situazione rende assolutamente necessaria la prevenzione, ecco quindi di seguito alcuni consigli importanti:

1. Insieme al proprio allenatore (o per chi non lo ha tenendo da se un diario degli allenamenti) registrare gli allenamenti, le prestazioni, i recuperi, l’alimentazione

2. Premesso che deve essere scontata l’idoneità medico – agonistica, fare durante l’anno pianificandole con il proprio medico (meglio se è medico dello sport) un attenta e puntuale valutazione emetologica completa che comprenda oltre alla valutazione di eventuali stati si anemia anche alcuni ormoni (testosterone libero, testosterone totale e cortisolo in particolare), enzimi epatici e muscolari, vitamina D, ecc.

3. Dedicare le giuste ore al recupero notturno, il sonno è veramente importante per il riposo psicofisico ed il sistema immunitario

4. Sapersi ascoltare evitando o posticipando allenamenti quando si è troppo stanchi e stare attenti ad eventuali periodi di depressione e/o stress cronico non motivati

5. Evitare di allenarsi se non si sta molto bene o aggiungere giorni di recupero dopo eventuali infezione alle vie respiratorie superiori (anche “semplici” raffreddori)

6. Adeguare l’alimentazione dal punto di vista quali- quantitativo prevedendo, se ritenuto opportuno dal professionista di fiducia un eventuale supplementazione. Nell’ottica del mantenimento di uno stato di buona salute dell’atleta, quando si pensa ad esso come persona da mantenere in salute e non solo da “spingere ad andare più forte”, l’integrazione con omega 3, probiotici e multivitaminici può essere presa in considerazione.

Da valutare con cautela invece l’integrazione con vitamine singole o complessi vitaminici ad azione antiossidanti (vedi ad esempio vitamina C e vitamina E) che spesso hanno dato in letteratura risultati contrastanti sui loro benefici. In conclusione infatti, va ricordato che se l’atleta pianifica, magari facendosi aiutare da uno staff di professionisti, i propri allenamenti, recuperi e le strategie alimentari, non ha necessariamente bisogno dell’integrazione con antiossidanti che anzi possono essere controproducenti. Infatti, specie reattive dell’ossigeno, infiammazione, microlesioni muscolari, ecc determinate dagli allenamenti se controbilanciati da adeguati periodi di recupero sono gli “stimoli giusti” a seguito dei quali il nostro corpo può migliorare, se non c’è un “danno” infatti non può esserci lo stimolo all’adattamento. I numeri sono un chiaro campanello d’allarme: circa il 60% dei runners che corrono su lunghe distanze mostrano segni di overtraining, per questi atleti tra i professionisti a cui ci si dovrebbe affidare, il medico dello sport ha un ruolo fondamentale sia per la diagnosi (valutazione clinica, esami ematici mirati, somministrazione di questionari per valutare il profilo psicologico-umorale) sia nella strategia terapeutica da adottare, che dovrebbe prevedere la modulazione dei carichi di lavoro somministrati dal preparatore atletico alternata al riposo, con l’eventuale modifica della dieta e l’utilizzo di integratori alimentari.

Bibliografia

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